Articolo su Dante di Arno Widmann: Errori di traduzione del Corriere della Sera
30 Mar
7:58

Articolo su Dante di Arno Widmann: Errori di traduzione del Corriere della Sera

Il 25 marzo 2021 Monaldi&Sorti pubblicano su Repubblica un articolo che sintetizza, parafrasa e commenta in modo ironico il contenuto dell’articolo su Dante scritto da Arno Widmann, comparso sul giornale tedesco Frankfurter Rundschau.

Quattro giorni dopo, il 29 marzo, sul Corriere della Sera Roberto Saviano accusa  Repubblica di aver pubblicato un fake (peraltro senza sapere veramente il tedesco, per sua stessa ammissione). Oltre a un’intervista a Widmann, il Corriere pubblica una traduzione non firmata del testo tedesco. Essendo bilingui, ci siamo accorti che passi fondamentali dell’articolo sono stati tradotti in modo tendenzioso e spesso addirittura falso. Qui trovate un riassunto di tutta la questione.

Ecco qui sotto solo alcuni degli errori presenti nella traduzione, giusto per dare un’idea.

Iniziamo da alcune delle offese meno gravi:

DANTE COME CENERENTOLA

Il Corriere omette il titolo tedesco originale, tratto dalla versione tedesca della fiaba di Cenerentola, che intendeva sminuire la Divina Commedia di Dante sin dall’inizio: I buoni nel pentolino, i cattivi nel gargarozzo (“Die guten ins Töpfchen, die schlechten ins Kröpfchen”). Cioè: Dante nella Commedia separa le anime dei virtuosi da quelle dei peccatori come Cenerentola divide le lenticchie buone (da cucinare nel pentolino) da quelle cattive (che finiscono in gola agli uccelli che la stanno aiutando).

DANTE IMPOSTO ALLE SCUOLE MA ILLEGGIBILE

Per stemperare il sarcasmo di Widmann quando attribuisce agli italiani l’intento di ammannire una storia agiografica su Dante fin dall’età scolare, sostituisce «scolaro» (originale: «Schulkind») con «giovane studente». E quindi dice: Sessant’anni fa veniva raccontata a ogni giovane studente italiano; come se Widmann parlasse, con tono serio, di correnti di dantistica di 60 anni fa.

Corretto invece sarebbe scrivere: «Sessant’anni fa veniva raccontata ad ogni scolaro italiano».

Widmann insomma intende che 60 anni fa nelle scuole italiane si faceva un vero e proprio indottrinamento di scolari a favore di Dante.

LA PRIMA POESIA D’ITALIA? SCRITTA IN PROVENZALE

Per nascondere l’intento sminuente e sferzante di Widmann quando dice che la prima poesia lirica d’Italia sarebbe stata in provenzale, omette le parole «madrelingua d’Italia» e inserisce «in volgare», che nell’originale non c’è: «La prima lirica artistica in volgare fu scritta in provenzale». Mentre invece il testo tedesco dice, beffardamente: la prima lirica d’arte madrelingua d’Italia fu scritta in provenzale. Originale: «Die erste muttersprachliche Kunstlyrik Italiens wurde auf Provenzalisch geschrieben». Insomma cari italiani, la vostra prima poesia lirica in madrelingua non era in italiano…

PAROLE INVENTATE: LE LODI

Per addolcire il giudizio di Widmann sui nostri poeti e le donne cantate nelle loro poesie (che invece è beffardo), inserisce il termine «lodi» («le ricoprivano di lodi e di metafore»), che invece nel testo tedesco non c’è: le seppellivano di metafore. Originale: «überschütteten sie mit Metaphern». Cioè senza «lodi» o simili.

Ma il “meglio” viene ora:

1) L’aldilà dantesco come un modesto ufficio

Widmann: “Kein Baum blüht, kein Lebewesen. Es ist eine – sagen wir es ruhig – Bürolandschaft. Alles zweckgemäß eingerichtet.”

Traduzione esatta: “Nessun albero fiorisce, niente esseri viventi. È una – diciamolo pure – distesa di uffici. Tutto ben sistemato allo scopo.”

Commento: A parte la crassa ignoranza dell’autore tedesco, che evidentemente non sa che in cima alla montagna del Purgatorio è pieno di fiori e di vita, ecco la spiegazione delle frecciate contenute in questo passo: Una “distesa di uffici” (Bürolandschaft), dove “tutto è ammobiliato pensando solo alla sua funzione” strizza l’occhio, come ha rilevato anche la germanista e giudaista Roberta Ascarelli in un’analisi, alla tradizionale diffamazione antiebraica: Dante avrebbe organizzato l’aldilà secondo la propria scialba natura da impiegatuccio, incapace di creare cose grandiose. Chi ha lo spessore culturale per coglierle, trova mille lame dietro ogni parola di Widmann; ad esempio zweckgemäß, “commisurato allo scopo” ha in sé l’accezione di “a risparmio”, “senza fantasia”, “senza bellezza”. Negli annunci immobiliari, sono indicati come arredati zweckgemäß gli appartamenti modesti, cioè che non offrono nulla oltre alla mera funzionalità.

Tutto il sarcasmo, nella traduzione del Corriere, scompare e viene manipolato per farlo sembrare (quasi) un complimento:

Corriere: “Non ci sono alberi in fiore, né esseri viventi. Diciamolo pure: è come un ufficio, dove tutto è organizzato con razionalità.”

2) Dopo questa prima staffilata al genio di Dante, Widmann continua col sarcasmo gratuito:

Widmann: “Es ist viel geschrieben worden über den Läuterungsberg zum Beispiel. Aber was ist mit Innenräumen? „Ein Zimmer für sich allein“? Gehört das zum himmlischen oder zum höllischen Interior Design?”

Traduzione esatta: Si è scritto molto, ad esempio, sul Purgatorio. Ma che ne è degli interni? “Una stanza tutta per sé”? Ed è da associarsi all’interior design del Paradiso o dell’Inferno?

Commento: Widmann, dove dice “Una stanza tutta per sé”?, mette le virgolette perché sta citando il titolo di un saggio femminista di Virginia Woolf in cui vengono ridicolizzati i difetti della cultura allora dominante. Ancora una volta, sarcasmo fuori posto. Dobbiamo ridere?

Nella traduzione del Corriere viene smussato il tono riducendo l’incalzare delle domande retoriche, ma rendendo il testo ancora più incomprensibile:

Corriere: “Molto è stato scritto ad esempio sul monte del Purgatorio. E gli spazi interni? «Una stanza tutta per sé» appartiene al design d’interni dell’inferno o del paradiso?”

3) Sull’arrivismo plagiatore di Dante, le manipolazioni del Corriere raggiungono il massimo. Sparisce del tutto la parola “ambizione” (Ehrgeiz):

Widmann: ” Er fühlte sich stets im Wettbewerb. Ihm ging es ums Übertrumpfen. Das Unmögliche war sein Element. In der muslimischen Tradition gibt es den Bericht von Mohammeds Himmelsreise. Nein, es gibt Berichte, Kommentare, und es gibt seit den 60er Jahren des 13. Jahrhunderts Übersetzungen ins Lateinische und Italienische. Der spanische Arabist Miguel Asín Palacios veröffentlichte 1919 eine umfangreiche Studie, in der er die These vertrat, Dante habe den alten arabischen Text gekannt und ihn benutzt. Die meisten Dantisten betrachteten das als ein wildes Fantasieprodukt. Sie sahen den Einzigartigkeit ihres Helden infrage gestellt. Aber man täte Dante Unrecht, unterschätzte man seinen sportlichen Ehrgeiz. So wie er die provenzalische Dichtung hat alt aussehen lassen, so könnte er auch davon geträumt haben, die muslimische Himmelfahrt durch seine christliche zu übertrumpfen.”

Traduzione esatta: Si sentiva costantemente in competizione. Per lui contava fare atout [lett.: vincere facendo briscola]. L’impossibile era il suo elemento. Nella tradizione musulmana c’è il resoconto del viaggio in cielo di Maometto. No anzi, ci sono racconti, commenti, e ci sono dagli anni Sessanta del XIII secolo traduzioni in latino e italiano. L’arabista spagnolo Miguel Asín Palacios pubblicò nel 1919 un ampio studio in cui sosteneva la tesi che Dante abbia conosciuto e il testo arabo e lo abbia utilizzato. La maggior parte dei dantisti lo considerò un selvaggio parto della fantasia. Vedevano messa in dubbio  l’originalità del loro eroe. Ma si farebbe torto a Dante, se si sottovalutasse la sua spregiudicata ambizione. Così come ha fatto sembrare vecchia la poesia provenzale, così potrebbe aver sognato, di fare un colpaccio ai danni del dell’ascensione musulmana con la sua versione cristiana.

SPIEGAZIONE: Il verbo “übertrumpfen” viene dal gergo dei giochi di carte. Dal termine Trumpf, che discende dall’ italiano “Trionfo”: un seme (la trionfa, scelta dal giocatore) che prevale su tutti gli altri: https://it.wikipedia.org/wiki/Trionfo_(gioco_di_carte)  

Vedi anche: https://www.duden.de/rechtschreibung/Trumpf

Equivalente italiano moderno è la briscola, quello francese è atout. Il verbo tedesco indica insomma un colpaccio improvviso che sbaraglia gli altri, aiutato da fortuna e furbizia, “fare briscola, fare scopa, fare l’asso pigliatutto”. È un verbo ben poco nobile, e non ha niente a che vedere col merito e la qualità, come invece ha voluto tradurre il Corriere, che ha scelto il verbo “eccellere”.

Poi: quel “No, anzi”, in tedesco si usa come in italiano per calcare colloquialmente su un tono ironico: “e c’è ben di più, sentite qua”. Ma il Corriere smorza in un compassato “per la verità”…

Infine, c’è la (ennesima) grande offesa: “sportlichen Ehrgeiz”: molto letteralmente si tradurrebbe “sportiva avidità di onori”. In questo contesto “sportivo” è nel senso di “spericolato, spregiudicato”. In tedesco è come in italiano: una guida sportiva (“sportliche Fahrweise”) è una guida spericolata, spregiudicata, non moderata e neppure prudente. Di più: il termine tedesco “Ehrgeiz”, che in italiano si traduce solitamente con “ambizione”, letteralmente è formato da “Ehre”, onore, e “Geiz”, avidità. Orbene, IL CORRIERE HA CANCELLATO DEL TUTTO LA PAROLA e traduce col roseo: “spirito competitivo”…

Corriere: “Si sentiva costantemente in competizione. Voleva eccellere. L’impossibile era il suo elemento. Nella tradizione musulmana c’è il racconto del viaggio di Maometto in Paradiso. Per la verità esistono resoconti, commenti e, dagli anni sessanta del XIII secolo, traduzioni in latino e italiano. Lo spagnolo Miguel Asin Palacios, studioso della lingua e della cultura araba, in un saggio pubblicato nel 1919 sosteneva la tesi secondo cui Dante avrebbe conosciuto e usato il vecchio testo arabo. Quasi tutti i dantisti lo consideravano un incolto parto della fantasia. Vedevano infatti messa in dubbio l’unicità del loro eroe. Tuttavia si farebbe un torto a Dante, sottovalutandone lo spirito competitivo. Così come ha fatto apparire vecchia la poesia provenzale, allo stesso modo potrebbe aver sognato di surclassare l’ascensione musulmana con la sua versione cristiana.”

COMMENTO FINALE

Non c’è traduzione che possa restituire tutta la malignità che trasuda dalle mille allusioni che Widmann ha sparso qua e là nel suo astuto articolo, e basterebbe leggere le reazioni indignate degli stessi lettori tedeschi sotto l’articolo originale. Nella ironica reazione di Monaldi & Sorti su Repubblica, i sotterfugi di Widmann venivano ben colti e sintetizzati: “Peccato che il commentatore della Rundschau non osi chiarire; non esce dal suo giochino di allusioni malevole e rimandi fuorvianti.”

Non sorvola invece la Ascarelli, che senza mezzi termini esprime il suo giudizio sui sotterfugi linguistici e stilistici di Widmann: “Dante è per Widmann un plagiaro, incapace di creare (dalla lingua italiana, fino al tema del mistico viaggio che sarebbe stato trafugato alla letteratura araba), un uomo ambizioso, opportunista, senza sogni e insensibile al miracolo: solo un io ipertrofico rintanato in una “Bürolandschaft” una scialba natura per uffici e impiegatucci.”

Ci fermiamo qua, anche se troppo ancora ci sarebbe da dire.

La traduzione pubblicata sul Corriere, come si è visto, è una grossa, e quanto mai inquietante, operazione di manipolazione della verità. Resta da chiedersi: perché? Solo per difendere il lontano Widmann e concedere a Saviano l’ennesima ribalta? O c’è dell’altro? E, se c’è altro, dove dobbiamo cercarlo?

Confortante è che l’operazione Saviano-Corriere è miseramente fallita: i media non l’hanno ripresa, e nei giorni seguenti il dibattito è proseguito indisturbato, come ad esempio a RadioRai Zapping e sul Guardian.

Saviano, forse, di fronte al clamoroso autogol (difende uno che usa tecniche di diffamazione antisemite) desisterà. Ma non ci meraviglieremmo se, con sovrano sprezzo del ridicolo, in questo anno di celebrazioni dantesche ce lo ritroveremo all’improvviso a tentare una seconda sortita, sparando cavolate su Dante da qualche altra parte.

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