PERCHÉ QUESTO LIBRO
Nemo propheta in patria…*

* Prefazione degli autori alla nuova edizione italiana di IMPRIMATUR,
stampata in Olanda dall’editore De Bezige Bij.
Nel testo viene raccontato il boicottaggio
di cui è stato vittima il libro in Italia

La censura è sempre effetto d’un regime totalitario. Quando ne viene colpito, l’autore ha due possibilità: rinunciare a pubblicare, oppure farlo fuori dai confini nazionali. Se si opta per la seconda soluzione, conviene puntare su un paese in cui la libertà di parola sia particolarmente consolidata. L’Olanda è sicuramente un buon esempio. La storia recente tramanda il caso di Klaus Mann, il figlio di Thomas, che fuggito dalla Germania nazista, con l’aiuto di Gide e Aldous Huxley, fondò una sua rivista in Olanda. Più anticamente, ad Amsterdam si stampavano i libri di autori d’ogni paese perseguitati dall’Inquisizione. Ancora oggi questo romanzo, scritto in italiano, grazie alla disponibilità di un editore coraggioso e dinamico viene stampato nella lingua di Dante, ma in terra olandese.
È bene ricordare che Imprimatur è tradotto in 22 lingue e 53 paesi, caso unico tra i romanzi storici italiani a parte Il Nome della Rosa.
Solo nella terra degli autori, nella democratica Italia, il lettore non lo può trovare.
Le recenti elezioni hanno portato al governo un nuovo schieramento politico: vedremo se abolirà la dittatura editoriale che impedisce il ritorno in patria dei nostri libri, o se, come nel romanzo Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, “tutto cambia affinché nulla cambi”.

La singolare vicenda di questo romanzo inizia nella primavera 2001, quando il manoscritto viene acquistato da una casa editrice di proprietà d’un noto politico e imprenditore, nonché presidente del Consiglio. Il libro esce nel marzo 2002; nonostante una promozione pari a zero, entra immediatamente al quarto posto tra i dieci libri più venduti segnalati dal Corriere della Sera, e viene presto esaurito. La seconda ristampa arriva però con quattro settimane di ritardo. La terza edizione arriva ancora più lentamente, le librerie restano a secco per quasi tre mesi, le vendite si azzerano.
Intanto, su un giornale milanese appartenente al fratello dell’editore-presidente del Consiglio, un noto storico cattolico pubblica una recensione insolitamente ostile, dove riferendosi agli autori (fino ad allora sconosciuti) commenta che «non se ne può più di gente così».
Dopodiché, inspiegabilmente, il libro sparisce dalla circolazione. Su Internet si moltiplicano messaggi di lettori che ne cercano invano una copia. I librai chiedono un’altra ristampa all’editore, che risponde invariabilmente: «Sta per arrivare». Invece non arriva.
Imprimatur viene anzi cancellato dai cataloghi dell’editore, quasi non fosse mai esistito, nonché dai siti Internet dove alcuni lettori avevano cominciato a segnalare le anomalie della sua pubblicazione.
Dopo qualche mese si verifica perfino un piccolo terremoto politico. Il sacerdote che ha unito in matrimonio i due autori, arciprete e parroco della residenza estiva papale di Castelgandolfo, viene degradato a semplice prete e trasferito senza preavviso né valide spiegazioni in una lontana cittadina rumena sulle rive del Mar Nero, Costantia. È l’antica Tomi, dove l’imperatore Augusto esiliò il poeta Ovidio, colpevole di aver rivelato nei suoi scritti i segreti della casa imperiale.
Il messaggio è fin troppo chiaro: è stato punito un peccato letterario. Il personaggio del sacerdote era infatti rappresentato nel romanzo (sotto altro nome ma facilmente identificabile) dal vescovo che inizia e conclude la narrazione.

All’estero le cose vanno in ben altro modo. Imprimatur sale in testa alle classifiche dei bestseller in tutti paesi dove viene pubblicato, togliendo per alcune settimane anche lo scettro al Codice da Vinci. Questo fin nei paesi più lontani dalla nostra cultura: dalla Corea alla Turchia, dalla Bulgaria all’Ucraina. Dappertutto i giudizi della critica sono particolarmente generosi, alcuni grandi quotidiani e settimanali lo antepongono ai romanzi di Umberto Eco. I diritti dei libri seguenti vengono comprati blind, cioè ancora prima di essere scritti.

Intanto in Italia la casa editrice del presidente del Consiglio presenta agli autori rendiconti con strane anomalie. Saturi di tante stranezze, gli autori e il loro agente chiedono di sciogliere il contratto, annunciando in caso contrario una causa in tribunale. La società del presidente del Consiglio accetta immediatamente.
Giornali e tv di altri paesi intervistano gli autori sulla loro disavventura italiana, nei maggiori paesi europei vengono realizzati lunghi documentari dalla TV pubblica. Un quotidiano intervista perfino il sacerdote esiliato in Romania. Sui giornali esteri si diffondono commenti salaci sull’editoria del nostro paese. In Italia, silenzio.
Gli autori intanto scelgono l’embargo. Basta con l’Italia; i loro libri usciranno d’ora in avanti solo all’estero, tradotti. Popoli di 20 lingue e 45 paesi diversi possono leggerli; l’originale italiano, invece, resta nel cassetto.
Questo però fa fare una figuraccia al “sistema Italia”: a Francoforte e nelle altre fiere librarie internazionali la succosa storia corre di bocca in bocca. I boss dell’editoria italiana devono persino ingoiare pungenti battutine dai loro colleghi stranieri. Così, a sorpresa, nella primavera del 2005 si fa avanti il secondo gruppo editoriale italiano, l’unico in grado di competere col predecessore. L’offerta è ripubblicare Imprimatur e far uscire Secretum, il secondo romanzo della serie, già nell’autunno dello stesso anno. Strana fretta per i ritmi delle case editrici, che programmano quasi sempre con almeno un anno di anticipo. Gli autori si consultano con i loro editori esteri, che avvertono: attenti alle polpette avvelenate! Gli autori chiedono allora una data di uscita più distante e garanzie contrattuali pari a quelle che ottengono all’estero. Per tutta risposta l’editore svanisce nel nulla.

Il lettore di questa prefazione di certo si chiederà: perché tutto questo?
Come in ogni buon giallo, egli dovrà arrivare alla fine per trovare la soluzione. Leggendo Imprimatur, apprenderà che gli autori, facendo le ricerche per costruire il loro thriller storico, si sono basati su documenti originali. Scoprirà che alcuni di questi documenti, per secoli cercati invano dagli storici, rintracciati finalmente dagli autori nell’Archivio segreto vaticano e nell’Archivio di stato di Roma, e pubblicati nell’appendice di questo libro, fanno franare la reputazione d’un papa proclamato beato nel 1956. Un papa, si legge nel romanzo, responsabile di gravi crimini contro la stessa religione cattolica, e che ingiustamente è stato elevato agli onori degli altari.

Dopo l’11 settembre 2001 in Vaticano si preparava per questo pontefice una mastodontica cerimonia di canonizzazione. Egli infatti era stato il protagonista della vittoria dei cristiani che nella battaglia di Vienna del 12 settembre 1683 erano riusciti a salvare l’Europa dai turchi. Per questo era stato destinato dal Vaticano a diventare santo: la sua canonizzazione doveva sancire ufficialmente l’appoggio della Chiesa allo schieramento internazionale anti-Islam. Uscito Imprimatur con le sue rivelazioni, il progetto va in fumo.
Il resto è di pubblico dominio. In piazza San Pietro, il 27 aprile 2003 viene proclamato beato un personaggio di ripiego: l’ignoto frate cappuccino Marco d’Aviano, factotum a Vienna del poco virtuoso papa. La sua beatificazione, dopo 300 anni di lista d’attesa, era diventata improvvisamente urgente.
Si cerca comunque di dare rilievo all’evento. Appaiono grandi articoli sui maggiori giornali italiani: “Quella beatificazione farà tremare l’Islam” titola il Corriere della Sera a tutta pagina. Da oriente rispondono ridendo: “Marco d’Aviano? E chi è?”. Del grande assente, del papa di Imprimatur, non si parla: la stampa ha dovuto acrobaticamente tacere il nome del pontefice che dava gli ordini a Marco d’Aviano. Come se in una biografia di Sancho Panza non si nominasse mai Don Chisciotte.

Ecco come un semplice romanzo storico, ambientato nella Roma di tre secoli or sono, ha potuto mettere in agitazione giornali, case editrici e perfino il Vaticano. Non poteva andare altrimenti, del resto. Pochi chiari segnali (l’anatema dello storico cattolico, l’esilio del parroco di Castelgandolfo) avevano dato il “la” al boicottaggio di Imprimatur. E nessun editore-presidente del Consiglio, con una variegata maggioranza parlamentare da mantenere compatta a tutti i costi, poteva essere insensibile a tali richiami.
Si è discusso molto in Italia se sia opportuno che la stessa persona sia proprietaria di squadre di calcio, di palazzi, di giornali, di assicurazioni, di metà dei canali televisivi, di librerie e della maggior concentrazione di case editrici, e che in più gli sia stato permesso di fare il presidente del Consiglio. Secondo la nostra esperienza la domanda (la cui risposta sarebbe quanto mai ovvia) è mal posta. Bisognerebbe piuttosto chiedersi se non sia il caso di farlo anche papa.

Come finirà? Non lo sappiamo. Al momento, per noi non c’è posto in un paese dove i proprietari di quasi tutte le librerie e dei maggiori gruppi editoriali possono sedere comodamente intorno a un tavolino da quattro.
All’inizio del 2005 questa concentrazione di potere, che non ha uguali in alcun paese civile, ha persino buttato fuori dalle proprie catene di librerie praticamente tutti i piccoli editori, ossia quelli che non siedono al famoso tavolino da quattro. Questo mentre sui soliti giornali di sistema vengono esaltati con accenti da piazzisti i soliti autori di sistema, propagandando oltretutto con incredibile faccia tosta cifre di vendita gonfiate fino al ridicolo (basta chiedere ai librai…). Come foglia di fico, vengono recensiti anche libri di editori indipendenti: tanto poi nelle librerie appartenenti ai famosi amici del tavolino da quattro, non si trovano. E il lettore, piuttosto che finire a mani vuote, si rassegna a comprare un libro di sistema.
Così il cappio dittatoriale d’una élite fasulla, capeggiata dall’editore-Presidente del consiglio, si stringe attorno al collo di autori ed editori indipendenti, e soprattutto dei lettori, ai quali viene nascosta l’esistenza di migliaia di titoli.
Non è una sorpresa se il “sistema Italia”, come ai tempi del Fascio, applica ai dissidenti il confino e va a infoltire le fila di paesi come Iran, Nigeria, Ciad o Albania, dove il mestiere di romanziere conduce all’esilio.
Vedremo presto se la recente sconfitta elettorale dell’editore-presidente del Consiglio avrà il benefico effetto di riportare in patria i suoi esuli, oppure se il sistema è ormai troppo marcio per riprendersi.

Si è formato anche, grazie a Internet, un Imprimatur fan club, un gruppo di lettori italiani desiderosi di raddrizzare questa paradossale situazione.

All’incoraggiamento dei nostri estimatori, oltre che alle numerose richieste d’una ristampa, è dovuta questa edizione di Imprimatur, sebbene senza spezzare l’embargo di protesta che abbiamo opposto al “sistema Italia”: questo libro non sarà acquistabile nelle librerie italiane in Italia, ma solo tramite Internet, nelle librerie italiane all’estero e in quelle straniere in Italia.

All’editore De Bezige Bij e al suo coraggioso direttore Robbert Ammerlaan va il nostro più sentito ringraziamento per averci permesso di soddisfare le richieste dei lettori.

Maggio 2006

Monaldi & Sorti

 

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