Dulcis in fundo, la Madame Lidoine di Ewa Vesin all’Opera di Roma
30 Nov
12:21

Dulcis in fundo, la Madame Lidoine di Ewa Vesin all’Opera di Roma

di MONALDI & SORTI

Quinto e ultimo appuntamento dell’estemporaneo viaggio di mente e di cuore, intrapreso grazie alla strepitosa apertura di stagione al teatro Costanzi  con i “Dialogues des Carmélites”.

Il rapporto proficuo con l’Opera di Roma che Ewa Vesin ha instaurato negli ultimi anni ha prodotto una felicissima Madame Lidoine, la giovane priora Teresa di Sant’Agostino. Concludiamo dunque con lei, la vera grande regista del martirio delle carmelitane di Compiègne. Fu infatti la priora a scoprire nell’archivio del convento la visione profetica di un secolo prima e fu sempre lei a proporre l’atto di olocausto alle sue figlie spirituali.

Per questa protagonista storica il Costanzi è riuscito a trovare un’interprete all’altezza di questo personaggio dalla ricca vita interiore, che, al contrario di Blanche de la Force (personaggio inventato), è storicamente fedele. La soprano polacca, dalla grande padronanza tecnica, all’Opera di Roma è stata protagonista in Turandot, e poi nell‘Angelo di fuoco di Prokofjev col ruolo di Renata, irto di difficoltà estreme. La Vesin ha onorato anche la figura di Madame Lidoine sia dal punto di vista canoro che della presenza sul palco: convinta e autorevole nella scena cruciale dell‘immolazione («Mes filles, je propose que nous fassions ensemble le voeu du martyre»), ha sfoggiato in generale una bella linea di canto e un ammirevole controllo del registro grave. Il dialogo del II atto con Blanche («Que faites-vous? N’êtes-vous pas de veille?»), simile in alcuni frangenti ad un recitativo accompagnato, ha mostrato la sua capacità di intesa con l’altra protagonista della serata.

La vocazione di Madame Lidoine a farsi carmelitana era stata resa possibile solamente grazie all’aiuto di Madame Louise di Francia, la decima e ultima figlia del re Luigi XV, nata a Versailles il 15 luglio 1737. Madame Louise era la figlia preferita del Re libertino, una fanciulla di carattere che però – di fronte alle intemperanze coniugali del regale padre – aveva deciso di chiudersi in clausura per espiarne i poco regali peccati della carne. Per Luigi XV questa decisione era stata un duro colpo, e si era inizialmente opposto, ma infine aveva ceduto, proibendole tuttavia di andare nel convento ch’ella avrebbe desiderato: le carmelitane di Compiègne, dato che il convento si trovava proprio di fronte alla residenza reale dove il re si trastullava con la Pompadour e altre amanti. Così Madame Louise era salita in carrozza all’alba del 20 febbraio 1770 diretta al Carmelo di Saint-Denis, dove prese il nome di Teresa di Sant’Agostino.

La giovane Lidoine, per gratitudine, entrando in convento nel 1773, a 21 anni, prese lo stesso nome religioso della figlia di Luigi XV.

Figlia unica di un impiegato dell’Osservatorio di Parigi e di sua moglie di quarantuno anni, Marie-Madeleine-Claudine Lidoine nacque il 22 settembre 1752 e fu battezzata nella parrocchia natale di Saint-Sulpice. Ricevette la migliore educazione che le ragazze dell’epoca potessero ricevere. Le sue doti poetiche e artistiche furono coltivate, come risulta chiaramente dalle opere conservate presso le carmelitane di Compiègne e Sens. Questo tipo di educazione per la figlia di un modesto impiegato parigino non era solo rara, ma anche costosa. Così, quando questa figlia unica teneramente amata espresse il desiderio di diventare carmelitana, la fornitura di una dote per lei divenne motivo di preoccupazione. I suoi teneri genitori non potevano accettare che una ragazza con la sua istruzione, in mancanza di una dote, non fosse altro che una suora conversa, suora di rango inferiore, nota come ” velo bianco”, al servizio delle suore coriste (di rango superiore).

Questo caso insolito attirò l’attenzione di Madame Louise a Saint-Denis. Voleva conoscere la ragazza. Convinta della vocazione religiosa di questa futura priora delle martiri, Madre Teresa di Sant’Agostino sollecitò la dote necessaria dalla moglie di suo nipote, la giovanissima Delfina di Francia, Maria Antonietta d’Austria, che già era stata l’unica ad accettare di porle il velo in testa in occasione della vestizione, mentre il resto della famiglia reale considerava la cerimonia straziante e “crudele”.

Ecco come, grazie alla figlia di Luigi XV e a Maria Antonietta, Madame Lidoine poté realizzare la sua vocazione a “seguire l’Agnello”.

Il 23 dicembre 1787 Madame Louise – potente consigliera del Delfino contro la corrente degli illuministi appoggiati dalla Pompadour – morì a soli 43 anni tra atroci dolori di stomaco, appena un anno e mezzo prima della rivoluzione (si parla tutt’oggi di avvelenamento su mandato di Talleyrand e degli altri vescovi atei, cioè quei vescovi che si erano dichiarati pubblicamente atei e appoggiavano gli illuministi). Aveva però chiuso gli occhi dopo aver gustato già nel 1774 la gioia di sapere che il padre, morendo di vaiolo, aveva chiesto che la sua dichiarazione scritta di pentimento per aver offeso il suo popolo con gli scandali della sua vita fosse letto una seconda volta e a voce più alta, in modo che tutti coloro che si trovavano fuori dalla camera mortuaria potessero sentire che stava morendo deplorando la sua vita passata. Alla notizia di tale evento, Madame Louise, felice, aveva scritto dal Carmelo di Saint-Denis che non poteva, sapendo ciò, desiderare di più. Il suo sacrificio per la salvezza dell’anima del Re Cristianissimo suo padre non era stato vano. Come diceva Dante, la vita in Dio è sempre a lieto fine.

Passando agli eventi biografici delle altre carmelitane, si scoprono altre perle di valore. Ad esempio, Madame Pelras (suor Maria Enrichetta) – la giovane suora-infermiera che aiutò tutte le consorelle a salire i ripidi gradini del patibolo per andare poi lei stessa come penultima prima della priora – al processo  aveva discusso arditamente contro il pm Fouquier-Tinville che le accusava di fanatismo. Un carattere guerriero non meno di quello di Madame Brard, che aveva riscritto la Marsigliese con parole di infuocata fede. Madame Pelras, infatti, aveva originariamente preso i voti in un ordine di suore consacrate alle opere di carità e all’educazione (dove aveva anche salvato un fuggiasco dalla polizia giacobina sostituendolo a un deceduto dell’infermeria!), ma la sua spiccata avvenenza fisica e il bellissimo volto la esponevano a sguardi indiscreti. Aveva deciso così di passare alla clausura, lasciando le sue cinque sorelle carnali che erano suore nella stessa congregazione, e lottò finché non le fu concessa la necessaria dispensa per entrare nell’ordine carmelitano, dove accettò di ricominciare da zero, sottoponendosi a un nuovo noviziato.

Delle tre suore scampate per caso alla cattura e alla ghigliottina, tra cui appunto la storiografa delle carmelitane, suor Maria dell’Incarnazione, lei e Madame Jourdain finirono la vita in conventi religiosi, mentre della terza, Madame Legros, si perdono le tracce: una fine che si annunciava già misteriosa nella profezia di suor Elisabetta-Battista, 100 anni prima del martirio, quando nel 1694 aveva “visto” che “due o tre” non avrebbero “seguito l’Agnello”. Due, o tre? Ecco che la sparizione di Madame Legros dagli archivi della Storia si tinge di divin volere: se abbia “seguito l’Agnello” in seguito oppure no, non è dato saperlo.

In ogni caso, il fatto che la profezia del 1694, 100 anni esatti prima del martirio, avesse già annunciato che “due o tre” sarebbero rimaste fuori dalla chiamata a “seguire l’Agnello”, aveva indotto le suore a pensare che solo alle carmelitane vergini sarebbe stato concesso il martirio. Infatti in convento c’era anche una vedova, la madame de Neuville di cui abbiamo già parlato in precedenza. E c’erano delle suore converse, ossia di rango inferiore, adibite alle occupazioni materiali. E invece no. Lassù non si fanno di queste distinzioni tutte umane. La vedova come le converse furono chiamate alla sequela mistica del martirio redentivo quotidianamente invocato con l’atto di olocausto. Invece un “pezzo da novanta” come suor Maria dell’Incarnazione, principessa del sangue reale degli Orléans, no.

Vocazioni “per attrazione” erano state quelle di tutte le altre carmelitane, non citate nell’opera di Poulenc, che è impossibile qui elencare e descrivere singolarmente. Una per tutte: ad esempio, la giovane suor Vérolot, allegra e sempre di buon umore, che quando aveva preso i voti nel 1789, l’anno della tempesta rivoluzionaria, si era sentita mettere in guardia dalla priora sul pericolo di vita in cui tutte loro incorrevano, ma le aveva risposto tranquilla che “Dio ci avrebbe pensato”.

Si conclude qui il ciclo di riflessioni sulle “nostre carmelitane”, come le chiamiamo in casa da quando, quasi due anni fa, le abbiamo scoperte e abbiamo iniziato a studiarne le biografie per uno dei nostri prossimi romanzi. Ripensando al palpitante esordio viennese del 2008, e al bis del 2011, al Theater an der Wien, restiamo in curiosa attesa della rentrée alla Wiener Staatsoper nella prossima primavera, ancora una volta sotto la direzione di Bertrand de Billy, che fece crescere l’orchestra della RSO Wien fino a farla diventare un camaleonte sonoro, capace di soddisfare le più diverse esigenze stilistiche.

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